Da Baloon Dog (orange) a Rabit: la top five delle opere di Jeff Koons battute all’asta a prezzi da capogiro
Venerdì 1 ottobre 2021 ha inaugurato la retrospettiva SHINE di Jeff Koons a cura di Arturo Galansino e Joachim Pissarro, aperta fino al 30 gennaio nel cortile e nelle sale di Palazzo Strozzi, a Firenze. Lo scrittore e storico dell’arte Joachim Pisarro – ebbene sì, si tratta proprio del pronipote di Camille Pisarro, figura centrale dell’Impressionismo – sottolinea la differenza fra il termine inglese shine che dà il titolo alla mostra e il sostantivo tedesco der Schein.
Facendo una breve distinzione fra shine e Schein, in tedesco, quest’ultimo lemma oltre che significare luce, splendore, luccichio, introduce anche il concetto di apparenza, finzione. Si tratta, pertanto, anche di ciò che percepiamo, rileviamo con i sensi. L’inglese to shine, invece, indica il diffondere luce, brillare, l’essere splendente, raggiante, ben visibile. Significa illuminare. Tutti termini, questi, che hanno a che fare con l’effetto puramente visivo e sensoriale della luce. La radice è comune e deriva dal sassone antico e, andando un po’ più dentro alla questione, il binomio shine/Schein occupa una posizione preminente nel dibattito filosofico da Platone a Nietzsche, e riguarda due sole cose: l’apparenza a confronto con la realtà.
Da Platone ad Aristotele, lungo il corso dei secoli per arrivare fino a Kant, l’apparenza viene intesa come fonte di inganno e falsità, impossibilità di comprendere la verità metafisica e trascendente dell’essenza delle cose del mondo e delle persone reali. Tutto ruota attorno ai sensi, ma i sensi sono il fondamento dello Shein, dell’apparenza, non della verità. Kant, tuttavia, osserva che siamo fatti delle nostre sensazioni e dei nostri sensi, quindi dovremmo rinunciare a combatterli, rendendoci conto che si tratterebbe di una guerra persa in partenza. Cosa siamo noi se non un connubio di apparenza e trascendenza?
Su questa dissertazione linguistica si fonda la poetica di Koons, che mira a infondere senso di trascendenza alla sua arte, attraverso un’estetica che prevede la singolare mescolanza di arte colta e popolare. Un connubio che trae fondamento tanto dagli shopping mall newyorkesi, quanto dalle dorature rococò delle chiese tedesche, che ebbero un ruolo determinante nella formazione dell’artista che trascorrerà, negli anni Novanta, lunghi periodi di studio in Germania.
«L’acciaio è un materiale lucido molto seducente e lo spettatore si sente sicuro, a livello economico»
E con questa citazione dell’artista americano eccoci giunti adesso al nocciolo della questione: il mercato dell’arte e i record d’asta dei gonfiabili.
Sono al momento sedici le opere di Jeff Koons, appartenenti a serie e periodi diversi, aggiudicate nelle aste internazionali a un prezzo superiore ai 10 milioni di euro. Molti pensano si tratti di quotazioni scandalose, eppure ciò non impedì al magnate norvegese Astrup Fearnley, nel lontano 2001 (in tempi non sospetti), di spendere 6,4 milioni per una scultura in porcellana, Michael Jackson and Bubble. Passiamo ora in rassegna alcune di queste opere, scelte con criterio puramente personale, ordinate dalla 1 alla 5 su base temporale e in ordine crescente, dall’asta più lontana nel tempo a quella più ravvicinata.
1. Jeff Koons Hanging Heart (magenta/gold)
Sotheby’s New York | 14 novembre 2007 | Prezzo di acquisizione 23,561,000 USD
Le lucide superfici di acciaio della serie “Celebration” (1994-) restituiscono immagini impeccabili grazie alla finitura a specchio, risultato della precisione maniacale di Koons. Gli oggetti di Koons, come spiega l’artista, «riflettono il desiderio, non lo assorbono»1. La scultura accoglie lo spettatore in uno spazio in cui i suoi stessi bisogni – e spesso la tua immagine – vengono ingigantiti a tal punto da divenire il vero soggetto dell’opera che, con il suo potere riflettente, si moltiplica all’infinito in una mise en abyme vertiginosa che amplifica la visibilità di ciò che è riflesso al suo interno oltre che sé stessa, assumendo una forma dinamica.
2. Jeff Koons Baloon Dog (Orange)
Christie’s New York | 12 novembre 2013 | Prezzo di acquisizione 58,405,000 USD
Sempre dalla serie “Celebration” Baloon Dog (Orange), secondo l’artista statunitense molti dei lavori di quegli anni affrontano un certo tipo di idee sul significato della mitologia e degli archetipi. Baloon Dog (1994-2000) è per Koons come un cavallo di Troia: un monumento equestre che nasconde un segreto al suo interno. Sono gli anni in cui Ilona Staller, ex moglie dell’artista, si trasferisce in Italia con suo figlio Ludwig e Koons inizia una battaglia legale per la custodia del bambino. Il lato oscuro è rappresentato dalla perdita per cui l’artista stava soffrendo in quel particolare periodo, ma è anche il mezzo attraverso il quale l’artista celebra la vita e la fede nell’umanità2.
3. Jeff Koons Popeye
Sotheby’s New York | 13 maggio 2014 | Prezzo di acquisizione 28,165,000 USD
Proveniente dalla galleria Sonnabend di New York, la statua del marinaio più famoso d’America conferma definitivamente Koons come successore assoluto della rivoluzione pop degli anni sessanta. Celebrità, personaggi dei cartoni animati, paradigmi del gusto popolare e archetipi del sentimentalismo kitsch tutti articolati in colori caramella, materiali riflettenti e ad alta lucentezza costituiscono la quintessenza dell’universo koonsiano. Questo occhio supremo per il Pop, o addirittura Pop-eye, è il concetto stesso (e il gioco di parole linguistico duchampiano) che sottolinea il potente significato metaforico di uno dei suoi lavori più importanti e complicati degli ultimi anni – un immacolato e scintillante pupazzone di un metro e ottantaquattro centimetri, una statua eroica raffigurante il marinaio dei cartoni animati che tutti conosciamo. Così come lo era per Warhol e Lichtenstein negli anni ’60, anche per Koons, Popeye the Sailor Man è una vera e propria icona della cultura popolare del ventesimo secolo; sebbene abbia più di 80 anni, l’eroe dei cartoni animati – interamente americano – è ancora universalmente famoso e riconosciuto in tutto il mondo, oggi come quasi un secolo fa.
4. Jeff Koons Play-Doh
Christie’s New York | 17 maggio 2018 | Prezzo di acquisizione 22,812,500 USD
Proveniente dalla galleria Gagosian di New York e facente sempre parte della serie “Celebration”, Play-Doh rappresenta il rapporto fra innocenza e corruzione: tema ricorrente nel lavoro di Koons. Da un lato abbiamo la figura del bambino come chiave di interpretazione del mondo dell’artista. Rappresentazione di quel senso di stupore e candore che molte delle sue opere cercano di esaltare, facendoci riflettere sul nostro effimero senso di innocenza. Effimero perché compromesso da meccanismi economici ai quali non siamo capaci di sottrarci e che tendono a indurre desideri consumistici totalmente non spontanei per reiterare nel tempo transazioni commerciali sterili. Il bambino, come per molti movimenti d’avanguardia, rappresenta l’alter ego dell’artista, che però in Koons è privo di una condizione naturale di felicità, neppure nella presunta innocenza dell’infanzia.
Per chi fosse curioso, il video del montaggio dell’opera Play-Doh in esposizione da Christie’s New York nei giorni precedenti all’asta è qui.
5. Jeff Koons Rabit
Christie’s New York | 15 maggio 2019 | Prezzo di acquisizione 91,075,000 USD
Il coniglietto in acciaio inox a imitazione di un palloncino realizzato nel 1986 anticipa un altro leitmotiv dell’universo koonsiano, ovvero quello della successiva produzione di gonfiabili è “palloncini” d’acciaio che avrà grande rilevanza e successo economico: il tema del respiro. Vi ricorda qualcosa? Io ci intravedo notevoli punti di contatto con i Fiati d’artista di Piero Manzoni.
Il record raggiunto in asta la sera del 15 maggio 2019 da Christie’s a New York per 91 milioni di dollari resta tutt’oggi il record imbattuto di acquisizione per un artista vivente.
Qui è possibile vedere alcuni trailer realizzati da Christie’s in occasione dell’asta.
⚠️ 🔎 Prossimamente l’American dream sbarca a Doha
Dopo la mostra al Mucem di Marsiglia con le opere della collezione Pinault e a mostra Shine di Palazzo Strozzi a Firenze, il 2021 vede l’artista americano al centro di un’altra grande retrospettiva, la prima in Qatar. Intitolata Jeff Koons: lost in America, è aperta dal 21 novembre al 31 marzo 2022 al QM gallery Al Riwaq, spazio espositivo di Doha, che sorge nei pressi del Museo di arte islamica. La rassegna presenta 60 opere di tutte le serie più celebri, da The New Banality degli anni Ottanta a Celebration dei Novanta, da Popeye (2002-2013) fino ai recenti Gazing ball sculptures and paintings. La curatela è di Massimiliano Gioni. La parabola di Koons, che da venditore porta a porta diventa broker a Wall Street e poi artistar riconosciuta a livello internazionale è interpretata come una sorta di incarnazione dell’American dream nel catalogo edito da Skira che ne ripercorre la carriera3.
2014-2015
olio su tela, vetro e alluminio
Collezione dell’artista. © Jeff Koons | Immagine: © Cristina Maiorano
Note
- Giancarlo Politi, “Luxury and Desire: An Interview with Jeff Koons”, in Flesh Art, n. 132, febbraio-marzo 1987, p. 71.
- Massimiliano Gioni, Il desiderio messo a nudo. Conversazioni con Jeff Koons, Johan e Levi Editore, Azzate (VA) 2021, pp. 76 e 77.
- Lucia Spagnesi, Koons “l’incredibile artistar americano ha invaso Palazzo Strozzi con le sue opere. Colte, popolari, giocose e scintillanti, in Arte, novembre 2021, p. 80.
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